Col passare degli anni gli stabilimenti che producono e confezionano generi alimentari sono diventati sempre più simili a dei veri e propri laboratori chimici. Strutture igienizzate e sterili, operai con camici e mascherine, un altissimo grado di automazione ed un controllo qualità veramente meticoloso.

Queste accortezze vengono prese nell’ottica di evitare qualsiasi tipologia di contaminazione dell’alimento, in modo da rispettare le stringenti norme imposte da Italia e Comunità Europea in merito di sicurezza alimentare.

Di contro, però, assieme all’implementazione di sistemi produttivi efficienti e sicuri, si è visto un enorme incremento nell’utilizzo di sostanze derivanti dall’industria chimica. Le etichette dei prodotti si fanno sempre più lunghe e ricche di sigle dal significato apparentemente oscuro, che nascondono usi ed utilizzi fondamentali per la filiera alimentare e per ridurre gli sprechi derivanti da sovrapproduzione.

A cosa servono i conservanti?

Come noi utilizziamo gli alimenti per nutrirci, lo stesso viene fatto da organismi microscopici che portano al deterioramento chimico o fisico dei nostri cibi. Si tratta principalmente di funghi o muffe, i quali normalmente prolifererebbero indisturbati nutrendosi e crescendo. La presenza di conservanti serve proprio a bloccare questo processo, impedendo la proliferazione di questi organismi. Ne consegue un aumento dei tempi di conservazione e della sicurezza di certi cibi.

Come vantaggio secondario si ha la possibilità di trasportare merci in tutto il mondo senza necessariamente dover seguire la filiera del freddo, con notevoli risparmi ambientali ed economici. Un maggior tempo di conservazione (il cosiddetto shelf-life, tempo che un alimento può passare sullo scaffale), significa anche meno spreco alimentare e la possibilità di fare scorte in caso di necessità.

All’atto pratico, i conservanti non sono altro che antimicrobici o antiossidanti. I primi rallentano o bloccano la proliferazione dei microrganismi dannosi per l’alimento. I secondi, invece, hanno il compito di impedire il deterioramento derivante dagli agenti ossidativi. Sull’etichetta questi prodotti possono essere riconosciuti dall’utilizzo della lettera E, seguita da un codice numerico a tre cifre.

Ma sono sicuri?

Qualsiasi prodotto commerciato all’interno dell’Unione Europea deve rispettare determinati parametri decisi da comitati scientifici appositi, sulla base di dati che attestano la sicurezza per il consumo umano.

I controlli sono molto stringenti, soprattutto per quanto riguarda la grande distribuzione. Tutte le sostanze e gli alimenti contenuti in un prodotto confezionato devono essere indicati in etichetta ed eventuali mancanze o irregolarità sono severamente punite. Ciò che viene normato è sia la varietà degli additivi che è possibile aggiungere, sia la quantità. Fissata la soglia limite, essa è indipendente dalla quantità di conservanti diversi utilizzata.

In Italia questi prodotti viene fornito da aziende selezionate e certificate, che garantiscono altissimi livelli produttivi in tutte le fasi della filiera. Un esempio è www.chimitex.it, azienda molto nota nel settore e storica nel panorama italiano.

A livello di sicurezza, nonostante comunemente si pensi il contrario, l’utilizzo di queste sostanze chimiche è fondamentale e insostituibile. Grazie agli studi operati sul prodotto viene studiato il range entro il quale i cibi possono essere commestibili, senza che essi perdano le proprie caratteristiche gustative e organolettiche, con l’ulteriore certezza che non siano presenti tossine dannose.

Esistono conservanti naturali?

Storicamente si è sempre cercato dei modi per allungare la durata dei cibi lasciandone intaccate le proprietà ed i nostri antenati scoprirono alcuni conservanti naturali che garantivano risultati ottimali.

Tra questi abbiamo l’olio, il sale, lo zucchero e il miele. Queste sostanze hanno proprietà chimiche tali da rendere difficile il proliferare di patogeni che potrebbero intaccare la qualità dei cibi, garantendo tempi di conservazione lunghissimi. Infine abbiamo il freddo. Le basse temperature rendono più lento il moltiplicarsi dei microrganismi e la loro attività, proteggendo i nostri alimenti dal deterioramento.